Rolando proprio “Come una quercia”

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Davide Giandrini e Daniele Bentivegna il 9 aprile 2016 nella Cattedrale di Ferrara per lo spettacolo teatrale “Come una quercia”, sulla vita del beato Rolando Rivi.

«Perché devo togliermi la veste talare?
Che male faccio a portarla?
Io non voglio togliermela.
Io sono di Gesù»
(Rolando Rivi)

La giornata dell’arrivo in diocesi della reliquia del beato Rolando Rivi si è conclusa, nella serata, con lo spettacolo teatrale “Come una quercia”, incentrato sulla vita del giovanissimo seminarista martire. Lo spettacolo, scritto e diretto da Davide Giandrini, è stato interpretato dalla voce narrante dell’attore Daniele Bentivegna che si è servito del supporto di preziosi documenti audio e video con le testimonianze delle persone che hanno conosciuto Rolando in vita. Una performance semplice ed essenziale ma altrettanto chiara e diretta che, nello spazio di poco più di un’ora, ha ripercorso le tappe più significative di questa vicenda. Ad accompagnare lo spettacolo, le musiche di Beethoven, Preisner e Lucio Dalla.

La narrazione è un viaggio che parte da San Valentino, il piccolo paese alle pendici dell’Appennino reggiano nel quale Rolando Rivi nasce il 7 gennaio del 1931. Qui Rolando frequenta la scuola elementare fino all’evento che imprime una svolta decisiva alla sua vita: l’incontro con don Olinto Marzocchini, appena arrivato come parroco a San Valentino. Rolando rimane profondamente colpito da questo uomo “virile e dal passo lungo e frettoloso”, che “indossa sempre l’abito talare di campagna”. Nel giro di pochi anni, Rolando decide di diventare come don Olinto e in un giorno di primavera nel 1942, all’età di undici anni, dice al suo parroco: “Ho deciso, voglio farmi prete”.

Da qui la narrazione si snoda attraverso l’esperienza nel seminario di Marola, iniziata nell’ottobre del 1942, in pieno secondo conflitto mondiale. Un periodo in cui il piccolo Rolando diventa un punto di riferimento per i compagni, tanto da guadagnarsi il soprannome di ‘pretino’. L’esperienza in seminario si interrompe però bruscamente nel giugno 1944, in un periodo in cui i sacerdoti sono spesso oggetto di persecuzioni. Il seminario di Marola viene occupato dalle truppe tedesche e Rolando è costretto a fare ritorno presso la sua famiglia. Nel frattempo, don Olinto viene aggredito e deve fuggire lontano da San Valentino; al suo posto arriva il giovane don Alberto Camellini, al quale Rolando ribadisce la sua volontà di diventare “prete e missionario”.

Ma il calvario è ormai dietro l’angolo. Il 10 aprile 1945 il piccolo seminarista si reca a studiare in un piccolo bosco e un gruppo di partigiani comunisti lo nota e lo rapisce, portandolo via con la forza. Sul posto, i genitori troveranno su un foglio queste parole: “Non cercatelo. Viene un momento con noi. Partigiani”. Rolando viene cercato per due giorni e due notti dal padre Roberto e da don Camellini. In quelle ore, nella porcilaia di un casolare nei pressi di Piane di Monchio, il seminarista, costretto a privarsi del suo abito talare, è sottoposto a un lunghissimo interrogatorio allo scopo di estorcergli una confessione e giustificare la sua uccisione. Il 13 aprile Rolando viene portato in un bosco nelle immediate vicinanze del casolare in cui era stato rinchiuso; qui, ormai consapevole di ciò che lo avrebbe atteso, dopo aver chiesto di poter pregare per i suoi genitori, viene freddato con due colpi di pistola, uno alla tempia e uno al fianco. Tempo dopo, per questo assassinio, verranno condannati Giuseppe Corghi, l’esecutore materiale, a 23 anni di reclusione, e Delciso Rioli – detto Narciso -, comandante del gruppo, a 16 anni.

L’ultima scena dello spettacolo è dedicata ai doni lasciati dal seminarista, a cominciare da quello più grande: l’amore per Gesù. Un amore che dà i suoi frutti concreti nel 2001, quando il piccolo James, un bambino inglese malato di leucemia, guarisce miracolosamente per le preghiere di intercessione a Rolando. Un dono di amore fatto di pienezza e letizia. Un dono possibile perché radicato nell’amore per Gesù. E non a caso, lo spettacolo si conclude sulle note de “Il cuore di Gesù”, di Lucio Dalla.

Andrea Tosini

Articolo pubblicato su La Voce di Ferrara-Comacchio del 15 aprile 2015, pag. 4.

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